martedì 12 gennaio 2016

David




Infine è morto anche il Duca.
Francamente non mi è parso possibile sulle prime, nella mia fantasia rimaneva ancora un qualcosa di irremovibile, di eterno.
Immortale.
Immortale: come sosteneva una mia compagna di corso in anni lontani.

Invece anche Bowie se ne è andato.

Ennesimo paradigma del tempo che passa inesorabile sulla nostra pelle.

Ho subito brevi fascinazioni musicali in gioventù, non sono mai stato incline all'idolatria.
Non mi è mai troppo interessato l'artista dietro al prodotto, forse per superficiale consumismo, forse per la sottile convinzione che ogni idolo, prima o poi, citando un altro mio cattivo maestro, sarebbe finito col bruciarsi.
La paura di rimanere delusi.

Conobbi Bowie soltanto nei primissimi anni 80, poco prima di 'Let's dance'.
Mi colpii molto la sua presenza scenica, così teatrale e decadente.

Divorai praticamente ogni suo album, dai curiosi ma derivativi esordi fino alla trilogia berlinese.

L'ho adorato, senza scompormi per il suo continuo mutare apparentemente forma.

Non mi ha mai molto interessato 'definire' l'appartenenza di 'genere' dei suoi prodotti.
Ho una cultura musicale troppo scadente per addentrarmi in simili disquisizioni ed in questi giorni lo stanno facendo in mille, ben più qualificati di me.
Perlopiù le sue canzoni mi piacevano; mi piacciono tuttora.
Mi trasmettono emozioni, colpiscono le corde giuste, le mie corde giuste perlomeno.

Dopo 'Let's dance' iniziai a seguirlo saltuariamente, fino ad abbandonarlo pressoché del tutto.

Una deriva pop che mi parve, forse era, banalotta mi tolse ogni interesse.

Negli anni mi dicono abbia fatto tante cose… sto leggendo molti articoli a riguardo e mi riprometto di approfondire.

Probabilmente è stato vittima della mia necessità di allontanare gli idoli.
Una morte dignitosa è propedeutica ad un riaccostamento, tardivo ma sincero.

Intanto stasera mi ascolto una personale compilation, senza altra logica che il piacere.









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