Sveglia, spostamento avanti di cinque
minuti dell'allarme, sveglia di nuovo; in automatico balzai giù dal
letto, sempre totalmente addormentato, ed ero già in cortile a
cercare la mia automobile. Il freddo del mattino mi sferzava il viso,
facendomi rimpiangere le lenzuola calde appena abbandonate, ma uscii
dal torpore solamente quando realizzai che la mia macchina non era
dove ricordavo, anzi, non era da nessuna parte in quel grigio
parcheggio che serviva il mio condominio. Mi accinsi a rientrare
frettolosamente in casa, incerto sul da farsi. Avrei telefonato al
lavoro segnalando il ritardo o più probabilmente la mia totale
assenza, visto che una visita celere alla polizia era assolutamente
necessaria.
Il caso volle notassi in lontananza una pattuglia che procedeva lentamente nella via principale però, mentre mi apprestavo a fargli dei segnali, mi bloccai di colpo. No, non era la polizia. Non riconobbi l'auto; era una tre volumi insolitamente lunga con un grande lampeggiante spento sul tetto che mi aveva tratto in inganno. Non sembrava appartenere alle forze dell'ordine. Rimasi perplesso notando sulla fiancata, scritto a grandi lettere bianche, il nome di una delle nostre forze dell'esercito. Che strana cosa, non avevo mai visto mezzi militari in quella livrea, riportanti scritte come 'Aviazione' o 'Marina' in bella evidenza.
Scacciai il pensiero ozioso e feci per tornare a casa.
Già percorrere il breve vialetto fino alla porta principale mi mise i brividi: da dove venivano quelle piante che lo costeggiavano ? Nessuna delle sensazioni vissute in quei pochi minuti fu tuttavia paragonabile all'orrore che provai scoprendo che nessuna delle mie chiavi era in grado di aprire la serratura. Chi l'aveva cambiata ? E perché ?
Guardai i campanelli, non mi stupii di non ritrovare il mio nome.
De Silvestri, Chiari, Rossi, Magonza... Non ne conoscevo nessuno, non uno dei miei vicini appariva in quell'elenco, eppure vivevo in quella casa da ben sette anni !
L'idea di uno scherzo mi balenò per secondi, salvo scomparire a fronte dell'evidente assurdità della cosa. Chi mai avrebbe organizzato un simile tiro in un qualsiasi mercoledì mattina di febbraio, perché mai ?
Guardai bene il palazzo; salvo alcuni particolari lo riconobbi come lo ricordavo.
Suonai all'inquilino che sembrava aver preso il mio posto nel citofono: -Chi è ?- Non riconobbi la voce assonata e nervosa che scaturì dal piccolo altoparlante. -Scusi se la disturbo, sono Fabrizio Verna, mi riconosce ?-
-Chi cazzo sei a quest'ora ? Ma chi ti conosce ?- La voce aveva acquistato un tono malevolo.
-Senta, sono Fabrizio Verna, ed abito qui da anni, io...-
-Non c'é nessun Fabrizio in questo palazzo, non so che cazzo vuoi ma se non te ne vai chiamo la polizia !-
Mi allontanai di scatto dal citofono, come se avessi ricevuto una scarica elettrica, ed arretrai cautamente verso il parcheggio, guardandomi pian piano intorno, come in attesa di un assalto, oppure di un imbecille che venisse a dire: 'Sorridi ! Sei in tv !'
Ma non successe niente del genere.
Poi guardai bene le auto parcheggiate e pensai di essere davvero impazzito. Non le riconoscevo, non ne riconobbi nessuna. Passavo incredulo di auto in auto, inebetito, peraltro attirandomi lo sguardo curioso di qualche raro passante.
Beh, le ruote erano sempre quattro, ma tutte le similitudini finivano lì.
Erano tutte molto grandi, simili alle auto che vedevo nei film inglesi e le marche erano sconosciute. A dire il vero non tutte; c'erano delle Renault e naturalmente delle Fiat, ma tutte di modelli a me ignoti.
La cosa che mi colpii maggiormente furono le auto di marchi che sapevo scomparsi da decenni.
Ed erano tutte grandi, mediamente assai più grandi del normale !
Improvvisamente fui assalito dall'idea di non aver mai abbandonato il letto: certo, era una spiegazione !
Stavo sognando ! Iniziai a mordermi la lingua ed a darmi pizzicotti sul viso e sulle braccia, ma non ottenni altro che dolore. Terminai il tentativo di autorianimazione con un solenne schiaffo, seguito da un'imprecazione ad alta voce. Con molta vergogna mi accorsi di un signore che mi passava accanto, scuotendo la testa e ridacchiando fra di se.
Rosso in volto alzai ben bene il bavero del cappotto e mi incamminai lentamente verso il centro città.
Più mi inoltravo nel centro urbano e meno capivo.
Le strade corrispondevano solo in parte, tanti nomi di queste mi risultarono del tutto sconosciuti.
Vidi molti autobus e nessuna rotaia per terra: che fine avevano fatto i tram ?
Le persone erano tutte vestite in modo non tanto bizzarro quanto apparentemente senza schemi, eppure in tv si diceva tutti i giorni che questa era l'epoca della moda condivisa dalle masse. Di cappotti come il mio ne avrei dovuti vedere a bizzeffe, invece sembrava unico.
Mi fermai in un bar con l'idea di prendere un caffé, quando mi prese il dubbio che in questo strano posto, in questo mondo alieno che era stato casa mia, anche il denaro fosse diverso. Osservai di sottecchi la gente che pagava alla cassa, e non riconobbi alcuna delle mille monetine che sembrava tutti avessero in tasca. Le banconote che uscivano dai portafogli avevano colori e forme ugualmente sconosciute.
Mi soffermai comunque a guardare la tv dentro al bar, anche questa enorme e di foggia assolutamente inusuale. Ciò che vidi mi confermò che non potevo essere altro che impazzito.
Non conoscevo nessuna delle persone che apparivano nel video e quando la trasmissione d'intrattenimento lasciò il posto ad un breve telegiornale, mi ritrovai la bocca secca e le labbra tremanti; la politica italiana mi risultò familiare come avrebbe potuto essere quella di Marte e le notizie di estera si aprirono su di una guerra che non avevo mai sentito nominare, in luoghi noti soltanto per essere amene località turistiche e poco più.
Niente coincideva con le mie conoscenze, assolutamente niente !
Infine notai lo sguardo del barista fisso su di me. Preferii allontanarmi anche da quel posto.
Mi sedetti infine su di una panchina e provai a fare delle ipotesi: stavo sognando ? Beh, pareva proprio di no. Avevo viaggiato nel tempo ? Neppure questo poteva essere esatto, almeno a giudicare dalla data dei giornali che avevo brevemente visionato passando accanto ad un'edicola. Ero... altrove, ecco, altrove. Ma dove e perché mi era impossibile stabilire. Ricapitolai la mia esperienza: macchine sconosciute, una città solo vagamente simile alla mia, denaro diverso, situazione politica diversa e tanto altro ancora che non coincideva affatto.
Mi venne in mente che forse qualcosa era rimasto uguale e cercai una cabina telefonica. Dopo un quarto d'ora di infruttuosa ricerca lasciai perdere; il telefono era forse sconosciuto da queste parti ? Comunque mi dissi che non avrei avuto modo di pagare alcuna chiamata. Aggirandomi nel centro, mischiato a quell'umanità straniera, mi accorsi che oramai era tarda mattinata. Chissà cosa avrebbero pensato al lavoro, forse qualcuno era già venuto a cercarmi, forse ero a letto in coma, forse.
Sentii una mano sulla spalla, mi girai di scatto e vidi un uomo che mi sorrideva: -Fabrizio ! E che ci fai di bello in giro a quest'ora ?- Lo guardai cercando disperatamente di riconoscerlo, senza esito: -Voi, voi mi conoscete ?- Borbottai.
-Fabrì, prendi per il culo ? Come mai non sei al lavoro ?-
-No, seriamente, voi chi siete ?- Il mio viso doveva apparire estremamente spaventato, questo colpì molto il mio interlocutore, -Fabrizio... Sono Angelo, stai scherzando, vero ? Sei sempre il solito.-
-No, no ! Non sto scherzando affatto, io non so chi siete voi, io non so dove sono, non so perché siete tutti così strani !-
Stavo urlando ed alcune persone si fermarono e si misero a guardarci, tenendo una certa distanza. Il mio 'amico' si fece serio e mi strinse un braccio con una mano: -Fabrizio, stiamo dando spettacolo, ma cosa ti succede ?-
Scossi la testa con violenza e ritirai il braccio, poi puntai l'indice della mano destra verso le persone che avevamo attorno: -Chi siete voi ? Cosa volete da me ? Cosa avete fatto al mio mondo ? Cosa ?-
Alcuni si ritrassero spaventati e vidi un paio di persone che parlavano da sole, tenendo una mano su di un orecchio.
Forse erano loro i pazzi ! Non io !
Angelo, serio in volto, mi afferrò nuovamente per le braccia: -Vieni con me, tu devi venire in ospedale, non stai bene Fabrizio, vedrai che risolveremo tutto.-
Urlai nuovamente e caddi in ginocchio, stringendo i pugni e piangendo.
Nel mentre si fermò vicino a noi un'auto come quella che avevo visto ore prima, l'auto dell'esercito.
Ne scesero due uomini in divisa, ovviamente una divisa mai vista.
Fra le lacrime intravvidi ancora la scritta 'Carabinieri' sull'auto.
Ma cosa facevano mai i Regi Carabinieri, uno dei nostri migliori corpi d'assalto, fra la gente ?!
Sono passati tanti anni da allora.
Sono stato a lungo in ospedale, mesi; hanno parlato di schizzofrenia, di amnesia, di rifiuto della realtà. Hanno parlato di un qualche non ben precisato trauma, hanno parlato tanto...
Ho sostenuto la mia versione per poco tempo, solo un paio di colloqui, poi ho preferito dar loro retta.
Durante il ricovero ho scoperto di avere tanti amici ed anche una fidanzata. Questa però non durò a lungo, non sopportando il fatto che per me fosse una completa estranea.
I miei genitori sono... Beh, si, sono effettivamente i miei genitori, anche se escludendo l'aspetto sono assai diversi da quel che ricordavo. Quando vidi mio padre piansi come un vitello: mio padre è morto in un incidente tanti anni fa, o meglio, l'altro mio padre.
Ho imparato a vivere in questo mondo così diverso dal mio.
L'Europa che conoscevo, minata dallo scontro infinito fra Francia e Prussia, è pacificata da decenni.
L'Italia è una repubblica, il Re è stato cacciato tanto tempo fa.
Sono gli americani, non gli inglesi, la superpotenza mondiale. L'America stessa è formata da un'unica federazione di stati, non da due potenze contrapposte.
Oggi sono sposato, ho due figli ed un buon lavoro, nessuno ricorda più quel momento di pazzia che ebbi tanto tempo fa.
Ed anche per me è così, tranne le volte che, solo in casa, prendo una piccola busta dalla cassaforte e ne estraggo il contenuto. Quel vecchio portafogli ingiallito contenente una cartà d'identità ed una patente di guida, che mi identificano come cittadino dello Stato Monarchico d'Italia, nonché banconote con l'effige di Umberto II, per un totale di trentaquattromila lire.
Al terzo squillo del cellulare, che tenevo sul comodino a mò di sveglia, mi alzai controvoglia, intontito come sempre. Dopo essermi rapidamente lavato e vestito corsi fuori per non perdere l'autobus. Non trovai più la fermata. Mentre rimuginavo perplesso, ormai del tutto sveglio, il mio sguardo fu attirato da un tram che si avvicinava sferragliando.
Poi iniziai a guardarmi attorno.
Il caso volle notassi in lontananza una pattuglia che procedeva lentamente nella via principale però, mentre mi apprestavo a fargli dei segnali, mi bloccai di colpo. No, non era la polizia. Non riconobbi l'auto; era una tre volumi insolitamente lunga con un grande lampeggiante spento sul tetto che mi aveva tratto in inganno. Non sembrava appartenere alle forze dell'ordine. Rimasi perplesso notando sulla fiancata, scritto a grandi lettere bianche, il nome di una delle nostre forze dell'esercito. Che strana cosa, non avevo mai visto mezzi militari in quella livrea, riportanti scritte come 'Aviazione' o 'Marina' in bella evidenza.
Scacciai il pensiero ozioso e feci per tornare a casa.
Già percorrere il breve vialetto fino alla porta principale mi mise i brividi: da dove venivano quelle piante che lo costeggiavano ? Nessuna delle sensazioni vissute in quei pochi minuti fu tuttavia paragonabile all'orrore che provai scoprendo che nessuna delle mie chiavi era in grado di aprire la serratura. Chi l'aveva cambiata ? E perché ?
Guardai i campanelli, non mi stupii di non ritrovare il mio nome.
De Silvestri, Chiari, Rossi, Magonza... Non ne conoscevo nessuno, non uno dei miei vicini appariva in quell'elenco, eppure vivevo in quella casa da ben sette anni !
L'idea di uno scherzo mi balenò per secondi, salvo scomparire a fronte dell'evidente assurdità della cosa. Chi mai avrebbe organizzato un simile tiro in un qualsiasi mercoledì mattina di febbraio, perché mai ?
Guardai bene il palazzo; salvo alcuni particolari lo riconobbi come lo ricordavo.
Suonai all'inquilino che sembrava aver preso il mio posto nel citofono: -Chi è ?- Non riconobbi la voce assonata e nervosa che scaturì dal piccolo altoparlante. -Scusi se la disturbo, sono Fabrizio Verna, mi riconosce ?-
-Chi cazzo sei a quest'ora ? Ma chi ti conosce ?- La voce aveva acquistato un tono malevolo.
-Senta, sono Fabrizio Verna, ed abito qui da anni, io...-
-Non c'é nessun Fabrizio in questo palazzo, non so che cazzo vuoi ma se non te ne vai chiamo la polizia !-
Mi allontanai di scatto dal citofono, come se avessi ricevuto una scarica elettrica, ed arretrai cautamente verso il parcheggio, guardandomi pian piano intorno, come in attesa di un assalto, oppure di un imbecille che venisse a dire: 'Sorridi ! Sei in tv !'
Ma non successe niente del genere.
Poi guardai bene le auto parcheggiate e pensai di essere davvero impazzito. Non le riconoscevo, non ne riconobbi nessuna. Passavo incredulo di auto in auto, inebetito, peraltro attirandomi lo sguardo curioso di qualche raro passante.
Beh, le ruote erano sempre quattro, ma tutte le similitudini finivano lì.
Erano tutte molto grandi, simili alle auto che vedevo nei film inglesi e le marche erano sconosciute. A dire il vero non tutte; c'erano delle Renault e naturalmente delle Fiat, ma tutte di modelli a me ignoti.
La cosa che mi colpii maggiormente furono le auto di marchi che sapevo scomparsi da decenni.
Ed erano tutte grandi, mediamente assai più grandi del normale !
Improvvisamente fui assalito dall'idea di non aver mai abbandonato il letto: certo, era una spiegazione !
Stavo sognando ! Iniziai a mordermi la lingua ed a darmi pizzicotti sul viso e sulle braccia, ma non ottenni altro che dolore. Terminai il tentativo di autorianimazione con un solenne schiaffo, seguito da un'imprecazione ad alta voce. Con molta vergogna mi accorsi di un signore che mi passava accanto, scuotendo la testa e ridacchiando fra di se.
Rosso in volto alzai ben bene il bavero del cappotto e mi incamminai lentamente verso il centro città.
Più mi inoltravo nel centro urbano e meno capivo.
Le strade corrispondevano solo in parte, tanti nomi di queste mi risultarono del tutto sconosciuti.
Vidi molti autobus e nessuna rotaia per terra: che fine avevano fatto i tram ?
Le persone erano tutte vestite in modo non tanto bizzarro quanto apparentemente senza schemi, eppure in tv si diceva tutti i giorni che questa era l'epoca della moda condivisa dalle masse. Di cappotti come il mio ne avrei dovuti vedere a bizzeffe, invece sembrava unico.
Mi fermai in un bar con l'idea di prendere un caffé, quando mi prese il dubbio che in questo strano posto, in questo mondo alieno che era stato casa mia, anche il denaro fosse diverso. Osservai di sottecchi la gente che pagava alla cassa, e non riconobbi alcuna delle mille monetine che sembrava tutti avessero in tasca. Le banconote che uscivano dai portafogli avevano colori e forme ugualmente sconosciute.
Mi soffermai comunque a guardare la tv dentro al bar, anche questa enorme e di foggia assolutamente inusuale. Ciò che vidi mi confermò che non potevo essere altro che impazzito.
Non conoscevo nessuna delle persone che apparivano nel video e quando la trasmissione d'intrattenimento lasciò il posto ad un breve telegiornale, mi ritrovai la bocca secca e le labbra tremanti; la politica italiana mi risultò familiare come avrebbe potuto essere quella di Marte e le notizie di estera si aprirono su di una guerra che non avevo mai sentito nominare, in luoghi noti soltanto per essere amene località turistiche e poco più.
Niente coincideva con le mie conoscenze, assolutamente niente !
Infine notai lo sguardo del barista fisso su di me. Preferii allontanarmi anche da quel posto.
Mi sedetti infine su di una panchina e provai a fare delle ipotesi: stavo sognando ? Beh, pareva proprio di no. Avevo viaggiato nel tempo ? Neppure questo poteva essere esatto, almeno a giudicare dalla data dei giornali che avevo brevemente visionato passando accanto ad un'edicola. Ero... altrove, ecco, altrove. Ma dove e perché mi era impossibile stabilire. Ricapitolai la mia esperienza: macchine sconosciute, una città solo vagamente simile alla mia, denaro diverso, situazione politica diversa e tanto altro ancora che non coincideva affatto.
Mi venne in mente che forse qualcosa era rimasto uguale e cercai una cabina telefonica. Dopo un quarto d'ora di infruttuosa ricerca lasciai perdere; il telefono era forse sconosciuto da queste parti ? Comunque mi dissi che non avrei avuto modo di pagare alcuna chiamata. Aggirandomi nel centro, mischiato a quell'umanità straniera, mi accorsi che oramai era tarda mattinata. Chissà cosa avrebbero pensato al lavoro, forse qualcuno era già venuto a cercarmi, forse ero a letto in coma, forse.
Sentii una mano sulla spalla, mi girai di scatto e vidi un uomo che mi sorrideva: -Fabrizio ! E che ci fai di bello in giro a quest'ora ?- Lo guardai cercando disperatamente di riconoscerlo, senza esito: -Voi, voi mi conoscete ?- Borbottai.
-Fabrì, prendi per il culo ? Come mai non sei al lavoro ?-
-No, seriamente, voi chi siete ?- Il mio viso doveva apparire estremamente spaventato, questo colpì molto il mio interlocutore, -Fabrizio... Sono Angelo, stai scherzando, vero ? Sei sempre il solito.-
-No, no ! Non sto scherzando affatto, io non so chi siete voi, io non so dove sono, non so perché siete tutti così strani !-
Stavo urlando ed alcune persone si fermarono e si misero a guardarci, tenendo una certa distanza. Il mio 'amico' si fece serio e mi strinse un braccio con una mano: -Fabrizio, stiamo dando spettacolo, ma cosa ti succede ?-
Scossi la testa con violenza e ritirai il braccio, poi puntai l'indice della mano destra verso le persone che avevamo attorno: -Chi siete voi ? Cosa volete da me ? Cosa avete fatto al mio mondo ? Cosa ?-
Alcuni si ritrassero spaventati e vidi un paio di persone che parlavano da sole, tenendo una mano su di un orecchio.
Forse erano loro i pazzi ! Non io !
Angelo, serio in volto, mi afferrò nuovamente per le braccia: -Vieni con me, tu devi venire in ospedale, non stai bene Fabrizio, vedrai che risolveremo tutto.-
Urlai nuovamente e caddi in ginocchio, stringendo i pugni e piangendo.
Nel mentre si fermò vicino a noi un'auto come quella che avevo visto ore prima, l'auto dell'esercito.
Ne scesero due uomini in divisa, ovviamente una divisa mai vista.
Fra le lacrime intravvidi ancora la scritta 'Carabinieri' sull'auto.
Ma cosa facevano mai i Regi Carabinieri, uno dei nostri migliori corpi d'assalto, fra la gente ?!
Sono passati tanti anni da allora.
Sono stato a lungo in ospedale, mesi; hanno parlato di schizzofrenia, di amnesia, di rifiuto della realtà. Hanno parlato di un qualche non ben precisato trauma, hanno parlato tanto...
Ho sostenuto la mia versione per poco tempo, solo un paio di colloqui, poi ho preferito dar loro retta.
Durante il ricovero ho scoperto di avere tanti amici ed anche una fidanzata. Questa però non durò a lungo, non sopportando il fatto che per me fosse una completa estranea.
I miei genitori sono... Beh, si, sono effettivamente i miei genitori, anche se escludendo l'aspetto sono assai diversi da quel che ricordavo. Quando vidi mio padre piansi come un vitello: mio padre è morto in un incidente tanti anni fa, o meglio, l'altro mio padre.
Ho imparato a vivere in questo mondo così diverso dal mio.
L'Europa che conoscevo, minata dallo scontro infinito fra Francia e Prussia, è pacificata da decenni.
L'Italia è una repubblica, il Re è stato cacciato tanto tempo fa.
Sono gli americani, non gli inglesi, la superpotenza mondiale. L'America stessa è formata da un'unica federazione di stati, non da due potenze contrapposte.
Oggi sono sposato, ho due figli ed un buon lavoro, nessuno ricorda più quel momento di pazzia che ebbi tanto tempo fa.
Ed anche per me è così, tranne le volte che, solo in casa, prendo una piccola busta dalla cassaforte e ne estraggo il contenuto. Quel vecchio portafogli ingiallito contenente una cartà d'identità ed una patente di guida, che mi identificano come cittadino dello Stato Monarchico d'Italia, nonché banconote con l'effige di Umberto II, per un totale di trentaquattromila lire.
Al terzo squillo del cellulare, che tenevo sul comodino a mò di sveglia, mi alzai controvoglia, intontito come sempre. Dopo essermi rapidamente lavato e vestito corsi fuori per non perdere l'autobus. Non trovai più la fermata. Mentre rimuginavo perplesso, ormai del tutto sveglio, il mio sguardo fu attirato da un tram che si avvicinava sferragliando.
Poi iniziai a guardarmi attorno.
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