giovedì 2 aprile 2015

La coscienza della Luna

Ho buttato giù questo raccontino da fanfiction l'anno scorso, prendendo le mosse dalla vecchia serie tv 'Spazio 1999' che i 'diversamente giovani' fra noi ben ricorderanno.

Era un telefilm affascinante, con incredibili effetti speciali e storie tanto strane quanto accattivanti, però… Però scientificamente era proprio campata in aria. Beninteso, una serie di fantasia ne ha tutto il diritto ma, diciamolo, una Luna che si fa i cazzi suoi in giro per l'Universo è troppo anche con la massima predisposizione alla 'sospensione dell'incredulità'.
Quindi mi son detto… proviamo a dargli un senso…
Applichiamo una robusta dose di 'Technobubble'…

Ecco il risultato, spero vi diverta.






LA COSCIENZA DELLA LUNA

Base Alpha, 402 giorni dopo l'abbandono dell'orbita terrestre.

John Koenig era capace di stare ore a guardare la superficie lunare attraverso le spesse finestre della base. In piedi, braccia conserte, osservava ogni minimo dettaglio di quella che i primi esploratori avevano definito 'magnifica desolazione'. Invero il suo sguardo poteva estendersi soltanto per poche centinaia di metri oltre il perimetro di Alpha, dovette chiudere gli occhi per immaginarsi le basse colline di regolite all'orizzonte, ed i mille crateri causati da milioni di anni d'impatti con rocce spaziali di svariate dimensioni.
Prima era diverso, molto diverso.
Quando la Luna era fedele compagna della Terra, l'illuminazione solare rimbalzava sulla superficie, le cui caratteristiche ne facevano un enorme specchio, creando curiosi giochi di luce che la vicinanza dell'orizzonte e l'assenza di atmosfera rendevano quasi magici.
Ed ugualmente magiche erano le notti terrestri durante il plenilunio, quando il nero assoluto lasciava posto a mille sfumature di grigio.
Ricordò quando era ragazzo; le foto dei primi astronauti arrivati sul satellite con il missile Nerva 2 avevano dato la stura a mille ipotesi di complotto ad una marea di cretini, incapaci di capire come certe dinamiche fossero ben diverse fra la Terra e la Luna... Così si erano inventati allunaggi ricostruiti in studio oppure, al contrario, missioni segrete in combutta con chissà quali alieni.
Scacciò quei pensieri e tornò a guardare oltre il vetro: la Luna si stava muovendo nel cosmo più profondo, senza una stella vicina in grado di illuminarla, e quell'assoluta solitudine si concretizzava in quel buio denso, in quel freddo prossimo allo zero assoluto, che si trovavano appena fuori l'ultima delle molte, potenti, fotocellule che attorniavano il perimetro della base.

Infine tornò al suo posto di comando, quella poltrona scomoda da monarca assoluto, responsabile della vita di trecento anime, gli ambasciatori della Terra nel Cosmo.
Un pensierò tornò a tormentarlo: le conseguenze del distacco dovevano essere state enormi sul pianeta, su quella bella palla blu e verde sospesa nel nulla.
Casa.
Forse la Terra non era sopravvissuta, forse erano gli unici rimasti in vita.
Però, però... niente aveva senso... era impossibile fossero vivi, e questo era il minore dei misteri.
Un cicalino richiamò la sua attenzione; il professor Bergman apparve sul monitor in bianco e nero della sua consolle: -John, devo parlarti, puoi venire da me ?
Il volto dell'amico scienziato era sempre stato rassicurante per Koenig: un viso intelligente ed un sorriso caldo erano propedeutici all'immensa fiducia, sempre ben riposta, che chiunque tendeva a dargli dopo averlo conosciuto anche solo per un minuto.
-Arrivo subito Victor, ci sono problemi ?- Koenig aveva scorto un turbamento negli occhi dell'altro, qualcosa che non si vedeva spesso.
-No... solo considerazioni... che preferirei fare con te prima che con chiunque altro.
Per un attimo il professore abbozzò un sorriso, ed ammiccò prima di chiudere il collegamento.
Koenig si diresse velocemente al tubo di comunicazione ed in pochi minuti si ritrovò nell'allegra anarchia di quello che Bergman si ostinava a definire 'il suo laboratorio'.

Il professore invitò il comandante a sedersi, dopo aver in qualche modo liberato uno sgabello carico di libri e circuiti stampati, e gli si mise di fronte; dietro di lui la sua grande lavagna trasparente, stracolma di astruse formule cancellate e riscritte mille e più volte.
-John... è passato più di un anno dal distacco. Gli avvenimenti ci hanno tenuti impegnati e non abbiamo avuto davvero il tempo di pensare ma,- iniziò a cancellare nuovamente la lavagna, -adesso credo sia proprio il caso di farsi alcune domande.
-Partendo dal chiedersi il perché siamo vivi ?
Bergman alzò ambedue le sopracciglia: -Difficile prenderti in contropiede, vero John ? Beh, questo è uno dei quesiti, ma non certo l'unico...
-Parla pure amico mio.- Koenig si accomodò al meglio sullo scomodo sgabello.
-Partiamo dall'inizio... La Luna, grazie all'esplosione del materiale fissile accumulato sulla superficie nascosta, è uscita dall'orbita ed ha raggiunto la velocità di fuga dal sistema solare...
Koenig allargò leggermente le braccia, a mani aperte, in un movimento sconsolato.
-E questo è impossibile. L'esplosione avrebbe casomai dovuto spingerci in rotta di collisione con la Terra, non di certo verso l'esterno.
-Esatto John, su questo non si discute. Inoltre ho fatto e rifatto i calcoli mille volte: per quanto potente quell'esplosione non avrebbe mai potuto portarci fuori dall'orbita... invece siamo arrivati a velocità prossime a quelle della luce in pochi minuti, senza finire polverizzati per l'accelerazione.
Mentre parlava, il professore continuava a tracciare strane formule sulla lavagna. Koenig lo seguì fintanto che il suo sapere scientifico glielo permise, ma dovette arrendersi presto.
-E questo è solo il primo dei problemi, Victor.
-Già !- L'anziano scienziato scuoteva fortemente la testa: -Poi abbiamo chissà come abbandonato il sistema solare ed ecco che, in poche settimane, ce ne troviamo subito un altro davanti... e poi un altro, e poi un altro ancora... Non ha senso ! Le distanze sono enormi, viaggiare a velocità relativistiche può ovviamente alterare la nostra percezione del tempo vissuto, ma anche dal nostro punto di vista...
-Parli dei gemelli di Einstein, vero ?
-Ovviamente !- Bergman fece un gesto quasi spazientito, a sottolineare come l'affermazione del comandante fosse del tutto pleonastica. Koenig abbozzò un sorriso; quando il professore si faceva investire dal fuoco sacro della scienza, inevitabilmente era facile immaginarselo intento in accalorate disquisizioni davanti ad una platea universitaria.
-Ehm...- Bergman provò un fugace rossore al viso, -scusami John, sai com'é quando...
Il comandante si lasciò scappare una breve risata: -Victor, ti prego, continua. Dicevamo ?
-Si, parlavamo del tempo oggettivo... Beh, anche nel migliore dei casi sarebbero passati decenni prima di arrivare al sistema solare più vicino, invece... Eccoci in posti mai neppure immaginati, con una volta celeste irriconoscibile, dopo viaggi brevissimi. E cosa succede ? 'Rallentiamo', rallentiamo fino ad immettersi nell'orbita di nuovi pianeti, pianeti finora tutti, più o meno, compatibili con un qualche tipo d'esistenza... e...
-E ci stiamo giusto qualche giorno, salvo ripartire verso altri posti teoricamente irraggiungibili nell'arco di generazioni. Assurdo, vero Bergman ?
-Esatto ! Tutto questo è assurdo. Anche assumendo che le nostre conoscienze del cosmo siano effettivamente molto più scarse di quel che immaginavamo, non potevamo esserci sbagliati in questo modo.
-Queste cose le abbiamo sempre sapute, Victor,- John lo guardò negli occhi, -c'é qualche elemento nuovo che ti ha fatto riflettere ? Ti conosco troppo bene, non saresti tornato sull'argomento se tu non avessi formulato qualche teoria riguardo questa situazione...
Bergman sorrise, si portò l'indice della mano destra alla bocca e, con fare teatrale, tirò fuori da una borsa dei tabulati: -Guarda qui !
John osservò le carte. Inizialmente quel guazzabuglio di numeri non gli dissero nulla ma, ad una più attenta analisi, individuò uno schema coerente. Perplesso, tornò a guardare il professore: -Victor, non vorrai dirmi che...-
-Si ! Esatto John. Nelle ultime due settimane, sfidando le ire di Kanu, ho praticamente monopolizzato il computer e tutti i sensori di Alpha...
-Ed hai fatto girare Carter con l'Aquila 12 in lungo ed in largo per la Luna, con la generica giustificazione di 'ricerche scientifiche'.
-Si, ma era presto per parlarne, scusami,- con una mano si aggiustò i pochi capelli che aveva in testa, -ora ho un quadro piuttosto definito.
-Victor, anche se qualcosa credo di aver capito, dimmi quali sono le tue conclusioni.
-La Luna è un'astronave, John.

Rimasero in silenzio per molti secondi.
Il comandante ruppe il silenzio: -Victor, ma questo è …
-Impossibile, John ? Davvero lo pensi ?
Koenig rimase immobile, nella testa gli turbinavano concetti davvero troppo grandi da maneggiare.
-Pensaci John, è decisamente meno impossibile di tutto il resto... e come diceva Sherlock Holmes...
-...escludendo l'impossibile, quel che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità...
-Esatto ! Ed è da questo concetto che son partito nella mia ricerca. Ho via via escluso l'impossibile, finché non mi è rimasto in mano qualcosa di concreto.
-Victor, ma se la Luna è un'astronave, allora potrebbe anche essere pilotata a nostro piacimento.
Bergman assunse un'espressione fra il perplesso ed il dubbioso... Era sempre molto enfatico nella sua mimica facciale tanto che, divertito, John si era sempre chiesto se non avesse ascendenze italiane.
-Credo sia presto per parlarne, intanto dobbiamo scoprire come funziona quest'astronave...
Nelle ore seguenti, il professore spiegò in modo approfondito come era giunto a queste conclusioni: aveva iniziato osservando palesi anomalie nei movimenti stellari mentre la Luna era in corsa fra i sistemi solari, anomalie chiaramente impercettibili per l'occhio umano, ma non per i computer. Successivamente le aveva relazionate alle stesse osservazioni allorquando la Luna si avvicinava a nuovi corpi celesti, così come quando li abbandonava.
-La Luna distorce lo Spazio davanti a se, salvo ricomporlo dietro di se... è come se viaggiassimo curvando lo Spazio,- prese un foglio di carta, disegnando due puntini, A e B, all'estremità dello stesso, -piegando lo spazio le distanze si annullano o, perlomeno, diminuiscono enormemente...
Piegò il foglio e fece coincidere A con B.
-Una teoria formulata già tanto tempo fa, ma che non ha mai avuto una dimostrazione, Victor.
-Si, ma adesso l'abbiamo.
-Per far questo dovremmo avere una fonte d'energia impensabile,- Koenig non riusciva neppure ad immaginare una tale energia, -per distorcere lo Spazio servirebbe un buco nero di enormi dimensioni, non so...
Bergman continuava a tracciare formule sulla lavagna: -Esatto, John. Non so assolutamente dirti da dove prendiamo energia, quale sia la nostra propulsione, ma perlomeno abbiamo una risposta plausibile a qualcuno dei misteri che ci accompagnano in questa Odissea.
-Victor... perché un'astronave ? Non potrebbe essere un qualche fenomeno naturale che non riusciamo a comprendere ?
-No, decisamente no. C'é un disegno logico, niente di casuale. E' ora che metta in tavola la mia Scala Reale...
Sorrise, e prese un ultimo tabulato da sotto una pila di cianfrusaglie, facendole rovinare a terra.
-Guarda, e ringraziamo i sensori sull'Aquila 12... C'é una specie di campo di smorzamento intorno al satellite... O meglio, a quello che era un satellite... E' quasi impossibile da rilevare se non si immagina cosa si stia cercando; questo campo mantiene la Luna, ed Alpha che ci sta sopra, in una forma di stasi, un qualcosa che preserva Alpha e gli alphani dalla sicura distruzione durante le nostre accelerazioni e le nostre frenate, un qualcosa che, decisamente, ha un'origine artificiale.
-E questo spiega perché siamo ancora vivi...- Koenig appoggiò la fronte sulla mano destra e si rivolse ancora allo scienziato: -E' un lavoro incredibile Bergman !
-Beh, non nasce dal nulla, iniziai a sospettarlo sin da subito dopo il distacco, quando si raggiunse il pianeta di antimateria, Terra Nova, in poche settimane... Era troppo assurdo !
John, come schiacciato da tutte queste informazioni, che erano evidentemente ben altro che mera congettura, si alzò dallo sgabello e, allungando le braccia, strinse le spalle dello scienziato.
-Victor... cosa altro puoi dirmi di questa 'astronave' ?
-Non voglio alimentare nessuna speranza,- Bergman fece un rapido sorriso, -ma credo di aver individuato il punto d'origine del campo di smorzamento sulla superficie lunare. Potrebbe essere utile andare a darci un'occhiata...
L’orologio della base segnava le 02.15 am.
Nient’altro che una convenzione, non essendoci riferimenti di sorta per giustificare quell’orario, semplicemente era il ‘tempo di Alpha’.
Koenig si muoveva, insonne ed agitato, nel suo letto.
Il pensiero ripercorreva continuamente gli avvenimenti di quel giorno.
Le rivelazioni di Bergman erano state sconvolgenti; finora le avevano velocemente condivise soltanto con i maggiorenti di Alpha: Paul Morrow, la dottoressa Russell, Kanu ed Alan Carter.
Era stata una riunione piuttosto burrascosa: Paul aveva espresso delle perplessità riguardo le scoperte del professore, Kanu aveva ribattuto che, visto che Bergman aveva usato il ‘suo’ computer, non potevano che essere perfettamente autentiche. La Russell si era limitata ad ascoltare mentre Carter, al solito propenso all’azione, implorava di poter subito partire verso il punto di emissione del presunto campo di smorzamento.
Koenig alla fine li aveva azzittiti tutti, ordinando un piano d’azione per una prima ricognizione del punto indicato da Bergman, nel mare Nubium.
-Domani, a mente fredda, equipaggeremo un’Aquila con tutti i sensori possibili e la piloteremo in remoto fino al punto in questione, che chiameremo ‘sito Rosso’. La riunione è sciolta.
Le parole del comandante rispedirono tutti ai loro compiti precedenti, ma la dottoressa si fermò ancora un po’: -John... è una notizia molto importante, quando informeremo tutti gli altri ?
Koenig le cinse le spalle, con fare affettuoso e delicato: -Helena, non voglio alimentare speranze di sorta, non ancora... Oltretutto, per quel che ne sappiamo, un simile marchingegno, ammesso esista davvero, potrebbe essere di un pericoloso senza pari...
-E’ logico,- la dottoressa avvicinò il viso a quello di Koenig, -una cosa in grado di gestire un’energia così... immensa... potrebbe distruggerci se non sappiamo interpretarla.
Il comandante le arrivò ancor più vicino, prossimo a sfiorarle le labbra con le sue: -non soltanto... quella cosa ci sta tenendo in vita e se accidentalmente la spengessimo...
-Saremmo naufraghi nel nulla, per sempre...
John l’abbracciò strettamente, e la baciò con impeto.
Ore dopo, da solo nel suo letto, Koenig iniziò a rilassarsi ed a lasciarsi andare al sonno.
‘Non la faremo spengere, Helena, piuttosto bruceremo insieme.’

Sandra Benes osservava Paul Morrow impegnato alla consolle. Quell’uomo l’aveva protetta, l’aveva consolata dopo la morte del suo fidanzato, perito con la sua Aquila distrutta da un ‘Sole nero’, l’aveva curata... e quasi inevitabilmente si erano trovati amanti.
Forse era solo un incrocio fra solitudini, anche Paul aveva perso molto: non sapeva ancora quanto fossero davvero forti i suoi sentimenti per lui.
‘Viviamo alla giornata, cos’altro possiamo fare ?’
Sandra si mise a guardare il monitor centrale; sullo schermo un’Aquila automatizzata stava per raggiungere un punto remoto del mare Nubium.
La telemetria finora riportava un volo tranquillo, tutto era assolutamente operativo.
Nessuno aveva dubitato del semplice intento scientifico di questa missione, ma ai più balzava all’occhio l’estrema agitazione di Alan Carter, incapace di star fermo, che balzava senza meta da una consolle all’altra: strano nervosismo per una missione routinaria del genere.
-ETA al sito Rosso: due minuti e 12 secondi,- la voce di Morrow era sempre sicura ed autorevole,
 -Altezza 120 piedi, velocità 603 km/h.
-Qualche anomalia nelle rilevazioni ?- Bergman nascondeva a stento la curiosità.
-Niente al momento, professore, a parte quello che già conosciamo...
-Guarda John,- Bergman indicò su di un monitor un sottile raggio partente dal sito, che saliva in verticale fino a raggiungere l’estrema orbita lunare, -ovviamente è una ricostruzione al computer del fenomeno, che risulta altrimenti del tutto invisibile...
-Il raggio sembra avere un diametro di neppure tre metri,- commentò il comandante, -è davvero difficile credere che possa trasportare energie così immense.-
-Oh, sicuramente immense !- Bergman alzo le braccia al cielo, con un improvviso scatto, -però chi ci dice che ‘energie’ sia il termine giusto... Non ho mai visto nulla del genere, non sono in grado di classificarle, perlomeno non ancor...
La voce gli si strozzò in gola: l’Aquila era sparita, come un disegno cancellato in fretta su di un foglio.
Per una frazione di secondo tutto tacque ma, prima ancora che scattassero gli allarmi, Paul indicò incredulo lo schermo centrale: -Eccola lì !
L’Aquila era ricomparsa dal nulla, a pochi chilometri da base Alpha, sempre perfettamente operativa.
-La riporti nell’Hangar 4 Paul,- disse il comandante, -e fatene una scansione approfondita prima di mettervi piede !
Il personale in sala era ammutolito, tutti guardavano Koenig con fare interrogatorio.
-Ecco,- sorrise Bergman, -non bastava la velocità ultra luce... ci voleva anche il teletrasporto...

Più tardi, un eccitatissimo Bergman colloquiava con il comandante: -John, John... stiamo assistendo a cose che daranno da fare agli scienziati per i prossimi secoli !
-Sempre se mai ci saranno questi scienziati, Victor.
-Sempre ottimista tu, eh ?- Bergman mostrò un tabulato al comandante: la fredda stampa ad aghi era cosparsa di mille aggiunte autografe dello scienziato.
-Guarda John... non era teletrasporto. Dal sito Rosso è partito un raggio che ha creato una bolla di curvatura intorno all’Aquila, Non è mai sparita, semplicemente era troppo veloce perché potessimo rilevarla. Ce l’hanno rispedita intatta quando si stava avvicinando troppo.
-Vuoi dire che non potremo mai avvicinarci al sito Rosso ?- Koenig non nascose il disappunto.
-Beh, no...- Bergman si toccò il mento con fare pensieroso, -o meglio, pensavo di no finché non mi è tornato in mente il caso Gorbacho...
-Gorbacho ?- Koenig lo guardò perplesso, -ma... è una leggenda, forse una bufala, il delirio di alcuni cosmonauti un po’ troppo inclini alla vodka...
-La pensavo come te John, ma...- Gli sottopose un vecchio libretto riportante la storia della prima colonizzazione umana della Luna, -guarda la posizione, tutto torna.
Il comandante lesse l’intestazione del paragrafo: il mistero del cosmonauta Gorbacho.
La storia la ricordava, risaliva agli anni sessanta, al tempo dell’ottava missione lunare sovietica.
In ritardo sui primi NERVA americani a propulsione atomica, i russi erano tuttavia sbarcati in forze sin da subito con i loro LK 700 a propulsione chimica prima, e poi con gli enormi Tupolev 17 nucleari.
Fu durante una di queste missioni che il maggiore Gorbacho, già eroe dell’Unione Sovietica, esplorando da solo il mare Nubium a bordo di un cingolato si era, a sua detta, imbattuto in una piccola collinetta dalla strana conformazione conica. Abbandonato il mezzo, si era inizialmente diretto verso quella che gli era sembrata una piccola struttura artificiale ai piedi della collina.
Una volta raggiuntala, l’aveva identificata come una porta metallica, perfettamente liscia ed apparentemente nuovissima. Tutti i tentativi di aprirla andarono a vuoto e neppure il laser portatile la scalfì minimamente. Intanto il cosmonauta registrava filmati e faceva foto, inviando il tutto in diretta alla nave madre che rimaneva stranamente muta ai suoi richiami.
Infine Gorbacho prese un jet pack dal cingolato e, lentamente, ascese verso la sommità della collina, alla ricerca di una visione d’insieme.
A trenta piedi di altezza si ritrovò a volteggiare presso la nave della sua spedizione, a più di duecento chilometri dal punto precedente.
L’accoglienza non fu amichevole: nessuno credette alla sua storia, inoltre non c’era traccia di informazioni pervenute da lui nei computer della nave. Ed ancora, pensando che il cosmonauta fosse in difficoltà, visto che non rispondeva ad alcuna chiamata, il comandante della missione aveva fatto tornare in remoto il cingolato, che si trovava ormai ben distante dall’ultima posizione dove Gorbacho l’aveva parcheggiato. Una successiva rapida ricognizione satellitare sugli ultimi punti dove la telemetria era stata attiva non diede alcun risultato.
Gorbacho fu messo agli arresti e successivamente, al ritorno sulla Terra, venne degradato ed espulso dal corpo dei cosmonauti. La storia divenne immediatamente una leggenda, puro folklore russo. L’inchiesta parlò di anossia dovuta ad azione negligente ma, fra gli americani, la boutade sulla distilleria di vodka clandestina nel mare Nubium diventò assai popolare.
Invero, ricordava koenig, certe voci dell’intelligence sussurravano l’esistenza di strani referti sull’accaduto in possesso dei sovietici, ma tutto scomparve durante la breve, e fortunatamente limitata, terza guerra mondiale del 1976.
Milioni di persone erano morte in quel breve conflitto, tuttavia ne era derivato un pianeta finalmente unito, senza più divisioni etniche, politiche e religiose.
Koenig si sganciò da quei ricordi lontani: -Victor, pensi che a Gorbacho sia successo quel che è capitato all’Aquila ?
-E’ plausibile,- Bergman annuiva, -Gorbacho ricorda di essere scomparso all’altezza di trenta piedi, l’Aquila era a circa cento piedi... deve esserci come un ombrello di copertura, qualcosa che si estende fino ad una certa altezza... Non molto in alto a dire il vero, su quel punto, casualmente, noi od altri saremo passati centinaia di volte ma dubito così bassi... Inoltre il mare Nubium...
-Non è mai stato di vero interesse, e nessuno l’ha mai esplorato a fondo.
Concluse Koenig.

La sera stessa, il comandante fece un lungo discorso all’attenzione di tutti gli alphani.
Spiegò la situazione senza censure e fu ben attento nel non creare pericolose aspettative.
-Domani,- disse, -una spedizione si avvicinerà in volo al sito Rosso, salvo atterrare in quella che pensiamo sia un’adeguata distanza di sicurezza. Il viaggio continuerà con le buggy lunari.
Il computer ha già scelto l’equipaggio, ovviamente saranno della partita anche il dottor Bergman ed Alan Carter, oltre al sottoscritto...
-John,- la Russell gli si avvicinò e, sottovoce: -Non devi andare, serve un comandante alla base...
-Helena, niente nell’universo può tenermi lontano da quella che potrebbe essere la salvezza di Alpha.
-Oppure la sua distruzione...- Aggiunse la dottoressa, ma troppo a bassa voce perché qualcuno potesse sentirla.
Muoversi nel buio, con temperature prossime allo zero assoluto, non era facile neppure per le tecnologie degli alphani.
L'Aquila 6 prese terra a meno di un chilometro dal sito rosso, poche decine di metri prima dell'inizio del misterioso campo invisibile a difesa di... di cosa ?
Il pod agganciato alla poderosa nave spaziale, l'Aquila era il vero cavallo da tiro e da battaglia di base Alpha, era del tipo 'hangar' e trasportava tre moon buggy, attrezzate di tutto punto con potenti riflettori ed altre cose potenzialmente utili per l'impresa. In presenza di una qualsiasi atmosfera, l'incredibile temperatura avrebbe messo fuori uso in pochi minuti le sofisticate tute spaziali rosse e gialle, ma nel vuoto quasi totale il freddo, così come il calore, avevano una propagazione molto più inefficace ed i tempi di resistenza si allungavano moltissimo.
-Abbiamo almeno due ore di possibile permanenza sulla superficie,- la radio gracchiava un po' trasportando le parole di Koenig agli altri membri della spedizione, -e saremo al vertice del sito rosso in pochi minuti: facciamole fruttare.
Le tre buggy, in fila, si diressero verso il punto d'origine dello strano campo di smorzamento: apriva la fila Koenig, insieme all'analista informatico Vlad Ilyushin, seguiva Alan Carter con la dottoressa Anita Rodrighez. L'ultima buggy trasportava Bergman e la esobiologa Marta Angelini.
'Un bel melting pot di umanità...' Pensò il comandante: 'Forse gli ultimi rappresentanti della razza umana...'
Alan Carter aveva espresso il suo disappunto per la scelta del computer, gli sembrava assurda la mancanza di uomini esperti al combattimento: 'Cazzo, potremmo trovarci di fronte chissà quale ostilità, e noi andiamo in bocca al leone con solo il taccuino degli appunti !'
Al solito, Bergman era il più tranquillo del gruppo; la sua mente già volava verso la scoperta, immaginava le enormi potenziali nuove conoscienze, programmava le infinite possibilità derivanti da queste: non aveva paura, la curiosità ed il desiderio di sapere soffocavano tutte le altre emozioni.
Dopo pochi minuti, illuminata dai riflettori delle buggy, apparve la base di una piccola collinetta.
Più si avvicinavano, più questa palesava una strana perfezione nelle forme, che presto divenne evidenza per qualcosa di decisamente impossibile in natura. Fermarono le piccole automobili lunari, disponendole in semicerchio, a pochi metri dalla parete della collinetta, nel punto più vicino al luogo di emissione dell'inspiegabile raggio di smorzamento.
La piccola collinetta era adesso chiaramente un artefatto: del diametro alla base di una ventina di metri, risultava alla strumentazione come un cono, dalle pareti perfettamente levigate, non più alto di trenta metri. Forma e composizione, una composizione refrattaria a qualsiasi sensore, erano decisamente artificiali.
I sei astronauti iniziarono ad esplorare il perimetro, lentamente e con estrema attenzione.
-John, John... incredibile... è davvero un artefatto... siamo sulla Luna da quaranta anni e nessuno l'aveva mai visto prima: come è possibile ?- Bergman era eccitato come un bambino.
-Non credo sia giusto dire che siamo i primi.
Koenig orientò la torcia sul casco, ed a tutti apparvero delle sagome bianche e marroni distese per terra. La dottoressa Rodrighez si lasciò sfuggire un gemito.
Avvicinandosi, John non ebbe difficoltà nel riconoscere la natura della loro scoperta: -Sono astronauti, anzi...- Abbassandosi sul primo dei corpi, scostò con la mano pesantemente guantata il leggero velo di polvere lunare accumulatosi sulla visiera dell'elmetto dell'uomo: -Cosmonauti...
Dietro la visiera, un teschio scarnificato sembrava puntare le orbite vuote verso le stelle.
Sulla sommità del casco era ben visibile la scritta 'CCCP'.

Una breve indagine evidenziò come i corpi fossero cinque; nel buio, vicino eppur invisibile, un cingolato a sei posti apparentemente intatto.
-Victor, dunque la storia di Gorbacho era vera. I sovietici sono venuti ad indagare ma... perché non ne abbiamo mai saputo nulla ? E cosa gli è successo ?
Bergman fece come per grattarsi il mento, dimenticando per un attimo come questa fosse un'azione del tutto impossibile per un uomo dentro una tuta spaziale.
-E' un'Artamon,- la voce di Carter arrivò secca ed inattesa, -ovvero l'ultimo modello di scafandro messo in linea dai sovietici. Mi risulta sia entrato in servizio soltanto poche settimane prima della terza guerra mondiale.
-Questo spiega tutto,- disse Bergman, -evidentemente i russi non avevano creduto a Gorbacho ma, per caso o per il sovraggiungere di nuovi riscontri, sono tornati qui in gran segreto anni dopo. A quanto sembra la missione è fallita ed il ricordo è andato perso con la guerra.
-Questi uomini sono morti e decomposti...- Angelini, l'esobiologa, non nascondeva raccapriccio nel tono della sua voce.
-Hanno tutti un grosso squarcio sulle loro tute, la morte deve essere stata rapida.- Disse la Rodrighez, mostrando quello che sembrava il foro d'ingresso di un proiettile sul torace del cosmonauta.
-Ma... come possono essersi decomposti senza atmosfera ?- Fu Carter a parlare.
-Alan, dimentichi che l'atmosfera, pur brevemente, l'abbiamo avuta...
Koenig si riferiva all'assurda vicenda che aveva coinvolto l'ex satellite mesi prima, quando una miriade di misteriose sonde aliene aveva fornito atmosfera respirabile e gravità di tipo terrestre alla Luna; forse una delle loro avventure più enigmatiche e disturbanti.
Al gruppo si unì Ilyushin, l'ingegnere: -Il loro mezzo ha una configurazione stealth, praticamente invisibile ai radar, ed è ben mimetizzato con la superficie, tanto da autocancellare anche le tracce dei cingoli... praticamente è invisibile alla ricognizione. Non è strano che non sia mai stato trovato, però...
-Cosa ?- Koenig guardò l'indicatore di orario sul polso della sua tuta: il tempo stava passando in fretta e dovevano fare molto di più per capire la situazione: -Cosa altro ha notato, Vlad ?
-Questa.
L'ingegnere mostrò a tutti una specie di grossa valigia verde scuro, con piccole scritte in cirillico bianche e rosse: -Avevano intenzioni serie...
Koenig rimase attonito, incerto su quel che stava guardando, ma Bergman aveva le idee molto più chiare in proposito: -John... è una Mlada... Un piccolo ordigno termonucleare...
-Spento ed inerte, beninteso,- ridacchio Ilyushin, -comunque non proprio la cosa che ti aspetti di trovare da queste parti incustodita.
-Un... piccolo ordigno termonucleare ?
-Si John, piccolo. Non credo più di 400 o 500 Kilotoni.- Disse Bergman.

Esitazione ed imbarazzo avevano quasi paralizzato la spedizione. Come previsto base Alpha risultava assente: qualcosa stava bloccando ogni forma di comunicazione.
Koenig stava già valutando l'opportunità di abbandonare la ricerca, per il momento, e fare nuovamente rotta verso 'casa'. Forse era meglio mettere prima in sicurezza quell'inatteso ordigno, forse un'indagine approfondita sulla morte dei cinque cosmonauti avrebbe permesso loro di evitare la stessa sorte, forse Carter aveva ragione e sarebbero dovuti tornare con una squadra ben armata, forse...
-Alphani ! Sapevo che, prima o poi, sareste arrivati...
La voce, dal pesante accento, risuonò nelle radio di tutti loro, causando un immediato smarrimento.
-Alla vostra destra, sono qui ! Ah, per favore, non puntatemi armi addosso, non è gentile.
I fasci incrociati delle luci dai caschi illuminarono una piccola porta, apparsa dal nulla sulla parete della struttura, e sul ciglio un uomo dentro uno scafandro bianco e marrone, classe Artamon.
-Venite, venite dentro... anche se non nevica, fuori fa più freddo che a Vladivostok...
L'uomo scomparve del tutto oltre quel piccolo ingresso.
Incerti, gli alphani rimasero per lunghi secondi in silenzio.
-Beh, non possiamo certo rifiutare un invito così caloroso...
Bergman si diresse verso il pertugio ma trovà Koenig sulla sua strada: -Victor, sei pazzo ? Dove vorresti andare... Non c'é la minima sicurezza di non ritrovarsi in trappola.
-John, hai tutte le ragioni ma non vedo alternative. Dobbiamo entrare e dobbiamo scoprire chi è quell'uomo e cosa sta facendo qui.
La voce dello scienziato era ferma e sicura; Koenig realizzò velocemente che, per quanto pericolosa, quella era l'unica azione possibile.
-Carter, carica quella bomba su di una buggy e dirigiti verso l'aquila, poi decolla e portati a distanza di sicurezza.
-Comandante, non se ne parla ! Voi avete bisogno di me, io...
-E' un ordine, Carter ! Devi prima di tutto ristabilire i contatti con la base e riferirgli cosa sta succedendo: se entriamo tutti li dentro e poi, effettivamente, fosse una trappola...
Il pilota sembrò riflettere un attimo, poi prese la valigia dalle mani dell'ingegnere Ilyushin e si allontanò di malavoglia.
La voce del russo tornò a farsi sentire dalle radio: -Ehi, compagni, entrate o no ? Niente paura, non ce ne è alcun motivo.
Bergman era già oltre la soglia quando Koenig riuscì a dare un primo sguardo all'interno dell'impossibile struttura. Ilyushin li segui a ruota. Per ultime le due dottoresse. L'esobiologa era molto titubante ma comunque decisa a fare il proprio dovere.
Si ritrovarono in un lungo corridoio dalle pareti metalliche, anonimo, fievolmente illuminato, che scendeva dolcemente sotto la superficie. Seguirono a distanza il loro ospite finché, dopo poche decine di metri, si trovarono dentro una grande stanza.
-Potete togliervi il casco: qui c'é un ambiente totalmente compatibile con la vostra sopravvivenza.
Nessuno diede retta alla richiesta del misterioso individuo, pur se gli strumenti delle tute confermarono immediatamente l'affermazione.
-No ? Ok compagni, fate come vi pare, io mi metto comodo...
Così detto si slaccio la sicura dell'elmetto e lo sollevo con le mani. Con orrore videro lo scafandro accasciarsi a terra, vuoto. Il casco rilasciò un forte rumore metallico toccando terra, ulteriore prova della presenza di un'atmosfera.
Comunque... quello che pensavano fosse un uomo, in realtà non era tale.

John aveva estratto la pistola laser e si guardava intorno mentre Bergman, chino sullo scafandro vuoto, sussurrava: -Affascinante...
Anche Ilyushin aveva estratto l'arma e, d'istinto, faceva scudo alle donne della spedizione.
Finalmente Koenig iniziò a mettere a fuoco l'ambiente e ne rimase ulteriormente perplesso: una semplice stanza rettangolare, non più di una sessantina di metri quadrati, con nude pareti scavate nella roccia e qualcosa di simile ad una lampada sul soffitto. Una porta si chiuse dietro di loro, lasciandoli prigionieri.
-Noi ci siamo fidati di te !- Urlò Bergman alla radio, -non mi sembra tu stia ripagando la nostra fiducia... Chi sei ?
-Tranquillo professore, non ho davvero nessuna intenzione di farle del male.
La voce del russo tornò a farsi sentire nel sistema di comunicazione: -Chiedo scusa se ho dovuto simulare una presenza corporea, ma era l'unico modo per convincervi ad entrare.
-Bene, ora siamo qui !- Disse Koenig, -e per dimostrarti che vogliamo ancora fidarci...
In un lampo il comandante alzò la visiera del proprio casco. Per una frazione di secondo trattenne il respiro, tranne accorgersi che c'éra effettivamente aria respirabile ed una giusta temperatura in quella nuda stanza.
Tutti seguirono il suo esempio.
-Adesso vogliamo risposte, signor... ?
-Ivan, semplicemente Ivan. Banale per un russo, vero ?
Bergman si fece nuovamente sentire: -Ivan... lei ci ha portato qui, immagino avrà da dirci qualcosa, da darci delle spiegazioni...
Preceduto da qualcosa di simile ad uno schiarimento di voce, il russo tornò a parlare. Questa volta il suono era nell'ambiente, non più alla radio.
-Amici miei, vi ho portato qui per spiegarvi alcune cose... le poche che conosco perlomeno...
Koenig interruppe il discorso: -Intanto si faccia vedere, dov'é nascosto ? Adesso anche lei deve aver fiducia in noi.
-Oh... mi piacerebbe farmi vedere, se avessi un corpo... Ma sono più di vent'anni che ho rinunciato a quel dubbio privilegio. Comunque, se vi fa piacere...
Dal nulla apparve qualcosa di vagamente simile ad un vecchio televisore; l'immagine tremava, rivelando la sua natura di ologramma, ma sul cinescopio apparve un volto giovane e luminoso, dall'aspetto gioviale e piacevole.
-Ero così... più o meno... magari potrei ricordarmi un po' meglio di quanto fossi effettivamente, ma credo sia comunque funzionale alla nostra conversazione...
-Basta perdere tempo !- Koenig si ritrovò, suo malgrado, avvolto dall'ira: -Sappiamo... qualcosa di questa installazione, ma è davvero molto poco. Lei ci sta ulteriormente confondendo le idee.
-Non vedo il perché di tutta questa fretta,- la voce sembrò mutare tono, -non mi risulta ci siano emergenze in corso... cos'é cambiato negli ultimi giorni ?
-Noi... noi vogliamo soltanto delle risposte...- La voce di Bergman sembrava essere quasi supplicante, -siamo persi nello Spazio, lontani da casa e vogliamo capire se esiste la possibilità di tornare sulla Terra...
La voce rimase muta per molti secondi, finché: -Compagni, so cosa è successo il 13 settembre del 1999 e vi ho seguito in tutte le vostre vicissitudini ma, mi spiace, non c'é davvero niente che possiamo fare, nei voi ne io.
-Stai mentendo !- Ilyushin mostrò i pugni chiusi verso il soffitto, -qui c'é qualcosa che fa viaggiare la Luna nello Spazio, qui ci sono strumenti che ci hanno permesso di sopravvivere al distacco ed a tutto il resto... tu DEVI sapere come si guida questa... 'nave spaziale' !
-Sei dell'Ossezia, vero ? L'accento è inconfondibile.
-Per l'amor di Dio, non cambiare discorso !- L'ingegnere stringeva i denti per la rabbia: -E tu sei senza dubbio un bastardo moscovita, ma non abbiamo tempo per il Samovar o per scolarci una bottiglia di Vodka...
-Alla faccia degli stereotipi: e la matrioska dove la metti ?
Le parole beffarde del loro interlocutore ebbero uno strano effetto su Ilyushin, che si appoggiò ad una parete e si fece, lentamente, scivolare verso il pavimento, impotente.
-Ivan, per favore, ci spieghi cosa stiamo facendo qui.
Bergman aveva fermato con un gesto una replica rabbiosa da parte del comandante, e si stava rivolgendo alla voce con estrema calma.
-La Luna, compagni, la Luna aspetta da miliardi di anni che gli esseri umani capiscano la vera essenza del loro satellite e... tutto quel che siete riusciti a fare è stato andare vicini a distruggerla.
Dopo alcuni secondi di silenzio assoluto, Ivan continuò a parlare: -Io... io facevo parte di una spedizione segreta in quel maggio del 1976... Dopo che svariate spedizioni avevano tentato in ogni modo di entrare qui dentro, in questo luogo ritrovato dopo uno strano incidente accorso ad un nostro cosmonauta anni prima. Era un brutto momento, la tensione con i capitalisti era ai massimi livelli. Non sapevamo che posto fosse questo, ma sospettavamo un giochetto sporco dei nemici. Visto che non riuscivamo a capirlo, nella miglior tradizione umana, pensammo di distruggerlo.
-Abbiamo trovato dei corpi fuori di qui, ed un ordigno molto potente.
-Esatto professor Bergman, quelli erano i miei compagni.
-Cosa gli è successo ?- Chiese Koenig alla volta del televisore virtuale.
-Beh...- Tutti percepirono chiaramente un’incrinatura nella voce: -Ho fatto l’unica cosa possibile, li
ho uccisi tutti...
-Tu sei pazzo !- Ilyushin puntava il dito verso l’immagine traballante di Ivan: -Hai ucciso cinque persone, cinque commilitoni. Perché ?
-Stavano per far saltare tutto, ed avrebbero forse compromesso l’integrità di ‘Luna’. Se lei muore, sarebbe morta anche la Terra ed infine la razza umana.- Disse la voce.
-Ivan...- Bergman gli si rivolse con inaspettata dolcezza, -sento che parli della Luna come se fosse un’entità reale, dotata di intelligenza ed autoconsapevolezza.
-Lo è, Victor,- Bergman spalancò letteralmente gli occhi, -la Luna è un essere vivente.

Tutti presero a parlare all’unisono, alzando obiezioni all’affermazione di Ivan, finché il professore non li fermò alzando la voce: -Per favore, per favore !
-Victor, sta dicendo delle cose assurde,- la bocca di Koenig quasi sfiorava l’orecchio destro di Bergman, -ci sta ingannando... e non capisco.
Bergman fece un largo sorriso: -John, sto intravvedendo come un disegno dietro tutto questo: credo proprio sia il caso di farlo parlare.
-La Luna è un ammasso di roccia, quanto di più distante possa esserci da un essere vivente, per alieno che sia !- La dottoressa Rodrighez girò la testa verso la sua collega esobiologa: -Sarai d’accordo con me, Marta, che sono ragionamenti deliranti.
La dottoressa Angelini rimase in silenzio, come stordita, attirando lo sguardo interlocutorio degli altri.
Infine, guardando il nulla: -Sto vedendo delle cose.
-Ecco, ‘Luna’ si palesa sempre quando qualcuno vuole davvero parlarci.- Tornò a dire la voce.
Bergman fece per avvicinarsi alla dottoressa, ma questa lo tenne a distanza allungando un braccio:
-Aspetti, la prego.
Marta vedeva, vedeva e sognava ad occhi aperti. Vedeva un’enorme stella azzurra, persa in tempi lontani, quando l’Universo era giovane.
Vide la stella, la stella ! Prendere coscienza e piangere della propria solitudine in uno spazio vuoto e privo di vita. La vide... partorire, non sapeva usare un termine migliore, centinaia e centinaia di piccoli corpi celesti. Vide giovani pianeti giocare fra loro...
Poi svenne.

-Quando ‘Luna’ ti parla per la prima volta... è difficile sopportarlo ma, non preoccupatevi, la vostra dottoressa starà benissimo al risveglio e potrà dirvi delle magie che ha visto.
-Ivan,- il comandante rispose subito alle ultime parole della voce, -io vedo soltanto una donna resa inerme,- Koenig sembrava lanciare fiamme dagli occhi, -una donna che, per quel che ne so io, ha subito un tuo attacco !
L’immagine sullo schermo scosse la testa in maniera sconsolata: -Non dovrete sopportare quel che è toccato a me: mentre piazzavamo la bomba ‘Luna’ si mise a piangere nella mia testa, mi mostrò la sua paura e le probabili conseguenze delle nostre azioni. Vidi l’orrore e, in pochi secondi, mi ritrovai come impazzito. Tanta era la rabbia che non esitai nello sparare a tutti i miei increduli compagni.
-Insomma ti ha usato per proteggersi,- disse Ilyushin, -e tu non hai esitato a massacrare esseri umani... Perché ?
-Perchè aveva ragione !- Ivan non lasciava margine al dubbio nelle sue parole: -Lei ci ha serviti come una madre per miliardi di anni, ci ha tenuto al riparo dal grosso dei bombardamenti meteoritici mentre la vita iniziava timidamente ad apparire sulla Terra primordiale, con la sua orbita ha dato stabilità alle stagioni ed ha creato le maree...
Bergman alzò un indice verso l’ologramma: -E la scienza attuale è piuttosto sicura che senza la presenza della Luna non si sarebbero mai create le condizioni per forme di vita evolute sulla Terra...
-Esatto professore, e grazie per essersi offerto anche lei.
Bergman si sentì subito strano... l’immagine degli altri venne presto sostituita da qualcosa di incommensurabile. Stava fluttuando fra le stelle, era enorme, le toccava... Il professore rideva eccitato come un bambino. Poi vide un corpo celeste e lo riconobbe. Si mise a seguirlo in volo.
Le dimensioni erano quelle che ben conosceva, ma la superficie di quella palla grigia era ben diversa. La Luna viaggiava nello spazio oltre la velocità della luce, sembrava un’enorme palla da biliardo grigio ardesia, perfettamente liscia e levigata.
Viaggiò fra giovani stelle alla ricerca di uno scopo, come molte altre sue sorelle.
Infine trovò un pianeta in assestamento, ben posizionato all’interno di un trascurabile sistema solare periferico. Lo guardò e lo accarezzò a lungo, certa di aver trovato il figlio che cercava. Gli si mise a fianco e lo crebbe con infinita pazienza...
Bergman si diede come uno scossone e si ritrovò nuovamente nella stanza, spossato ma lucido.
-John... E’ tutto vero... Ho visto cose incredibili...
-Victor, dimmi per quale motivo dovrei darti retta, dimmi perché non dovrei considerare tutta questa faccenda come un inganno !
-Comandante,- fu Ivan a rispondere, -quale sarebbe il fine di questo inganno ? Quali oscuri motivi avrebbe ‘Luna’ per mentirvi, dopo avervi cresciuto e... non dimenticatelo, dopo che continua a tenervi in vita nonostante tutto quel che gli avete fatto ?
-Che successe dopo che lei uccise i suoi compagni ?- Era ancora Ilyushin.
-Ero sconvolto, incredulo. Lei mi consolò, mi spiegò come il tutto fosse stato necessario. Ancora confuso mi fece entrare in questa stanza...
-Cosa pensava di fare con quell’azione ? I suoi compagni sarebbero tornati a vedere cosa fosse successo...
-Ottima obiezione Koenig, infatti ‘Luna’ iniziò ad addestrarmi velocemente per fare da intermediario con gli esseri umani. Lei aspettava da sempre di potersi svelare ad una razza di esseri finalmente evoluti, voleva conoscere i suoi figli, ma questo primo incontro era stato devastante, sbagliato...
-Se avesse fatto entrare i primi esploratori, se avesse parlato con loro...
-No professore,- Ivan fu perentorio, -lei sapeva quanto questi non fossero pronti per capirla; inaspettatamente la capacità tecnologica dell’Uomo aveva di gran lunga superato l’empatia e l’apertura mentale degli stessi. Io sono stato coinvolto quale estrema ratio, quale ultima difesa verso una possibile distruzione che avrebbe riguardato anche i suoi cari figli.
Bergman apparve perplesso: -Senza offesa, Ivan, ma la sua Luna mi sembra un po’ ingenua.
-La malizia, che ci è così congeniale, nasce con i rapporti sociali... Credo che ‘Luna’ sia stata allevata in un ambiente un po’ diverso dal nostro...
-Comunque,- continuò la voce, -pochi giorni dopo l’incidente, mentre attendevo solo ed ormai affamato dentro questa stanza, scoppiò la terza guerra mondiale, e gli uomini si dimenticarono di noi, per fortuna...
-Per fortuna ?- Koenig fece una voce greve: -Sono morte quasi due miliardi di persone in quel conflitto, ed il 25 % del pianeta rimarrà inabitabile per sempre !
-In ogni caso, senza ‘Luna’, sarebbe inabitabile più o meno il 100 % della Terra...
Ivan tacque di colpo, salvo ricominciare abbassando il tono di voce: -Mi spiace comandante, temo che le cose stiano andando male sulla Terra senza di noi.
Koenig lanciò uno sguardo a Bergman, che non poté far altro che annuire tristemente.
-Come ha fatto a sopravvivere ?- Era la dottoressa Rodrighez.
-Oh... beh, ma io sono morto.
-Inizio a capire...
-Mi fa piacere per te, Victor, non posso dire altrettanto.
Koenig era frustrato, lui era sempre stato un uomo d’azione e quanto stava accadendo lo paralizzava, lasciandolo senza iniziativa.
-Forse, comandante, anche lei dovrebbe vedere...
-No !- John scandì bene la risposta alla volta della voce: -Non mi interessano i tuoi giochi di prestigio, puoi farmi vedere quel che vuoi, non saprò mai se è la verità o meno !
-La verità,- Ivan sembrò rattristito, -è che ‘Luna’, mentre stavo morendo di inedia molti giorni dopo l’incidente, mi propose di unirmi a lei. Mentre spiravo, lei copiò ogni singolo meccanismo della mia mente e mi ritrovai incorporeo... Tenuto in vita a tempo indeterminato dentro di lei. Non in simbiosi, autonomo, con una minuscola possibilità di accesso al suo pensiero. Del me fisico rimane solo quello scafandro... Buono per delle apparizioni a sorpresa, a dire il vero...
-Si, questo è molto moscovita.- Ridacchiò Ilyushin.
-Ma allora lei ci parla con... ‘Luna’, lei può chiedergli di invertire la rotta, di riportarci sulla Terra.
Bergman sapeva già che nella sua domanda c’era qualcosa di fallace.
-‘Luna’ mi trattava come un cucciolo, potevo davvero ben poco capire del suo pensiero... Me ne concedeva brevi sprazzi, edulcorati, semplificati al massimo. So che il suo ‘essere’ sta nel nucleo... sono metalli fusi, pensanti, direttamente partoriti da una stella...
-Ivan, è assolutamente incredibile, eppure ha una sua logica... ma come fa ad avere questa incredibile energia, come... ?
-Professore,- la voce era franca e diretta, -posso cantarle poemi su di lei ma non sono in grado di tradurgliela in matematica... Posso soltanto dirle che si era rimessa in attesa di un Uomo più evoluto, oppure dei rappresentanti di una nuova razza dopo l’Uomo... Non aveva problemi di tempo, non si annoiava, non viveva in modo lineare... Poi è arrivato il 13 settembre.
-L’esplosione... l’ha danneggiata ? E’ questo il punto ?
-Si, professore.- Ivan rimase a lungo in silenzio: -Qualcosa le fece abbandonare l’orbita, ma non prima di aver contenuto gli effetti delle esplosioni, che vi avrebbero ucciso, ed ugualmente senza dimenticare di attivare il campo di smorzamento che, tutt’ora, vi salva la vita... Però...
-Cosa, Ivan, cosa ?- Era Koenig stavolta.
-Però smise di parlarmi, i suoi pensieri non mi giunsero più... Rimasi solo, e la verità finale non vi piacerà affatto.
-Credo di saperla ormai.- Disse Bergman abbassando lo sguardo.
-Si professore, io non posso nulla sulla volontà di ‘Luna’, ammesso che ancora ne abbia, e non sono assolutamente in grado ne di capire ne di interagire con il suo erratico vagare.
-Si, sta dicendo la verità.- Le parole di Koenig suonarono definitive.

Ivan viaggiava solo ed impotente, trasportato come gli alphani senza apparente meta in un territorio incognito, molto più strano ed alieno di quanto le fantasie più scatenate avessero disegnato.
Si era dato come unico scopo il monitoraggio di quello che gli alphani avevano chiamato ‘sito rosso’, l’ombelico scoperto di ‘Luna’. Quando gli abitanti della base si erano fatti curiosi, il panico l’aveva assalito. Pur vivendo dentro una specie di macchina, nulla dell’originale equazione umana era andata perduta, neppure le debolezze e l’irrazionale. Sperando di trovarsi davanti degli esseri sufficientemente empatici, li aveva affrontati di petto, con onestà, mostrandosi senza censure ed utilizzando quelle poche memorie di ‘Luna’ che era in grado di far percepire agli altri.
Aveva avuto fortuna.

La stanza era tutto quello che gli alphani avrebbero mai potuto vedere di ‘Luna’, ora come in futuro.
Bergman non avrebbe avuto nulla da studiare, la coscienza del satellite, sempre se ancora esisteva, rimaneva nel campo della metafisica e delle illazioni.
Non parlarono molto tornando alla base; avevano finalmente risolto il grande mistero legato all’odissea dell’ex satellite, ma questo era servito soltanto a rendere ancora più oscuro il loro destino.
-Vorrei chiederti che farai adesso, ma realizzo che sembrerebbe una presa in giro...
Bergman si attardò a parlare con Ivan prima di abbandonare, ultimo, la stanza.
-Le solite cose... Veglierò, passerò il tempo in migliaia di ambienti virtuali, vi spierò ogni tanto... Peccato che lei impedisca un collegamento diretto fra di noi, mi piacerebbe parlare con te, Victor, qualche volta.
-Non credo che Koenig abbia obiezioni se, ogni tanto, farò una ricognizione presso il ‘segretissimo’ e ‘vietatissimo’ sito rosso...
-Ed aspetterò che lei torni.
-Potrebbe non farlo.
-Ho tutto il tempo dell’Universo.

Il comandante stava sprofondando nel divano dei suoi alloggi, la dottoressa Russell era appena andata via e Koenig provava a mettere a fuoco le pagine di un vecchio romanzo.
Suonarono alla porta.
-Avanti Victor !
-Come facevi a sapere che ero io,- disse lo scienziato entrando, con una borsa sottobraccio,
-ho l’interfono spento.
-Potevi essere soltanto tu a quest’ora... cosa hai in mano ?
-Eh, dobbiamo festeggiare... Ora conosciamo il più incredibile segreto mai scoperto finora dall’Uomo... No ?
Bergman tirò fuori dalla borsa una bottiglia di Cognac vecchia di cent’anni.
-Ma, Victor... è l’ennesima bottiglia rarissima ‘da aprire una volta nella vita’... mi spieghi quante ne hai ? Le produci in laboratorio ?
Lo scienziato ridacchiò: -Fu facile farle passare di contrabbando sotto il naso del vecchio comandante, più difficile nasconderle all’ira funesta di Helena !
-Dai Victor, lei tiene al tuo fegato molto più di te.
-E’ il problema delle donne, vogliono controllare tutto...
-Già, Victor... Anche ‘Luna’ se ci pensi... ci ha cresciuti e controllati ma senza toglierci il libero arbitrio.
Bergman sorrise: -La miglior divinità possibile !

...e gli alphani continuano il loro viaggio...

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