giovedì 30 aprile 2015

Dallas buyers club



Nel 1985 a Ron Woodroof (Matthew McConaughey), un elettricista del Texas, omofobo, puttaniere e dedito alle droghe pesanti, viene diagnosticato l’Aids e i medici gli prospettano pochi giorni di vita. Frustrato dalla mancanza di terapie mediche ufficiali e non disposto ad accettare una condanna a morte, Woodroof trova un’ancora di salvezza nell’uso di farmaci illegali e alternativi e crea un giro di contrabbando per renderli disponibili ad altri malati di Aids, sfruttando una falla nella legislatura… Avrà come aiuto un improbabile amico.


Ne avrete sentito parlare, era al cinema l'anno scorso ed ha vinto tre Oscar.
Molto liberamente ispirato ad una storia vera, questa sceneggiatura girava da venti anni senza mai trovare un finanziatore. Infine qualcuno ha avuto coraggio e ne è venuto fuori un gran film.
La lotta contro la morte di questo disperato 'cowboy', immerso in quel tessuto sociale degradato che fu la prima grande vittima dell'epidemia di AIDS in USA negli anni 80, avvince ed appassiona… anche se ci sono dei 'se' importanti.
Oggi milioni di vite rimangono sospese fra HIV ed AIDS grazie ad un complesso cocktail antivirale, che vede ancora nell'AZT un farmaco fondamentale. Il film ha il difetto di ogni pellicola di denuncia… è troppo manicheo, con i 'buoni' da una parte ed i 'cattivi' dall'altra. In questo caso il cattivo è l'FDA americana, l'organismo preposto al rigido controllo sulla sperimentazione e l'introduzione sul mercato dei farmaci, nonchè  la grande industria farmaceutica.
Troppo facile.
E' chiaro che 'big farma' non è un'associazione di beneficenza, è ugualmente ovvio che le industrie, lungi dal nascondere chissà quali segreti, sono le prime interessate a mettere sul mercato farmaci validi, oltre gli 'effetti collaterali' (che sono inevitabili praticamente in qualunque terapia).
La sperimentazione su volontari dell'AZT negli anni 80 fu sicuramente colpevole di molti decessi, comunque inevitabili, soprattutto per gli alti dosaggi usati allora, ma aprì la strada alla multiterapia tuttora in uso, di provata efficacia.
L'intuizione interessante di Woodroof fu un'altra: curare contemporaneamente al virus, le malattie da esso provocate, con svariate terapie che potremmo oggi definire di sostegno.
Curare i sintomi, tuttavia, non porta alla guarigione ma, nel tempo che si riesce a strappare, migliora alquanto la qualità della vita.
La mia paura è che, in questi tempi bui di santoni & maghi, soprattutto in un paese tendente al magismo ed al più stupido complottismo come il nostro, un film come questo possa coadiuvare suo malgrado le lotte, troppo spesso derivanti da meri interessi piuttosto che dalla disperazione di malati e parenti, di chi pretende di curare gravi malattie con sostanze inutili e/o dannose.


Ieri fu il 'siero Bonifacio' e la cura 'Di Bella', oggi la 'Stamina' di Vannoni: terapie della 'speranza' che finora non hanno mai superato una seria sperimentazione, che sono costruite sul culto della personalità e mai su effettivi resoconti medici; terapie che, nel migliore dei casi, attenuano i sintomi peggiori della malattia, senza però curarla: tipico il caso Di Bella e la sua Somastatina… Consiglio di approfondire l'argomento.

Tornando al film… molti dei farmaci che si vedono nella pellicola oggi sappiamo benissimo essere di nessuna utilità, come il Peptide T, altri decisamente dannosi nella cura dell'HIV, come generalmente l'Interferone. Non così per il Diflucanozolo ma... le spese mediche vanno comunque fatte in farmacia con la ricetta, non al cinema.

Veniamo al film… 



Beh, visto 'cum grano salis' è bellissimo. A parte la buona ricostruzione d'epoca, ma è quanto di meno possiamo aspettarci da un film americano, è la prova attoriale a colpire. E' diventato di moda parlare della 'scoperta' McConaughey; di certo questo attore, avendo approfittato di adeguata fisica beltà, è conosciuto soprattutto per pellicole rosa/brillanti raramente degne di memoria, tuttavia vidi in lui grandi potenzialità già quando, assai giovane, fu uno degli attori principali del bellissimo 'Contact'.
Negli ultimi anni pare aver raggiunto la piena maturità e, paradossalmente, sta dimostrando enorme bravura soprattutto nell'interpretazione di personaggi alquanto antitetici rispetto alla prima parte della sua carriera. Recuperate il recente 'Killer Joe' per fare un esempio: oggi è difficile interpretare in maniera originale un serial killer.
Nella miglior tradizione dell'actor studios, il nostro si è sottoposto ad un regime alimentare forzato (ed immagino folle) per perdere in pochi mesi più di venti chili.
Nel film hai davvero paura che possa morirti lì davanti in qualunque momento.
L'ho visto in lingua originale, sottotitolato naturalmente, e l'interpretazione è da cinque stelle anche… 'verbalmente'…
Non da meno un Jared Letho, transessuale e tossicodipendente, allo stato dell'arte.

Assolutamente consigliato

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